*Recensione* IL TATUATORE DI AUSCHWITZ di Heather Morris

 
Buon giorno lettori, iniziamo questa nuova settimana con una lettura che riguarda un argomento ancora molto attuale, nonostante si parli di tutto ciò solo una volta l'anno. Dopo il mio post in cui vi proponevo alcune letture nate dalla voglia di denunciare l'orrore che si è vissuto nei campi di deportazione, ecco che arriva la mia recensione a uno di quei romanzi... siete pronti?
 
 
Il cielo di un grigio sconosciuto incombe sulla fila di donne. Da quel momento in poi sarà solo una sequenza inanimata di numeri tatuata sul braccio. Ad Auschwitz Lale, ebreo come loro, è l'artefice di quell'orrendo compito. Lavora a testa bassa per non vedere un dolore così simile al suo. Quel giorno però Lale alza lo sguardo un solo istante. Ed è allora che incrocia due occhi che in quel mondo senza colori nascondono un intero arcobaleno. Il suo nome è Gita. Un nome che Lale non può più dimenticare. Perché Gita diventa la sua luce in quel buio infinito. La ragazza racconta poco di sè, come se non essendoci un futuro non avesse senso nemmeno il passato. Eppure sono le emozioni a parlare per loro. Sono i piccoli momenti rubati a quella assurda quotidianità ad avvicinarli. Ma dove sono rinchiusi non c'è posto per l'amore. Dove si combatte per un pezzo di pane e per salvare la propria vita, l'amore è un sogno ormai dimenticato. Non per Lale e Gita che sono pronti a tutto per nascondere e proteggere quello che hanno. E quando il destino vuole separarli nella gola rimangono strozzate quelle parole che hanno solo potuto sussurrare. Parole di un domani insieme che a loro sembra precluso. Dovranno lottare per poterle dire di nuovo. Dovranno crederci davvero per urlarle finalmente in un abbraccio. Senza più morte e dolore intorno. Solo due giovani e la loro voglia di stare insieme. Solo due giovani più forti della malvagità del mondo.
 
 
La voce narrante di Heather Morris racconta la storia di Lale e Gita, una storia d'amore fuori dal comune, perché non si può davvero credere che in un campo dove la morte la fa da padrona e dove le speranze sono annientante insieme all'umanità possa nascere un sentimento così forte e radicale come quello tra i due ragazzi.
Lale, grazie al suo carattere e al suo spirito d'adattamento (e anche grazie alla sua buona stella) trova quasi subito lavoro come Tatowierer , il tatuatore, cioè colui che attraverso penna e inchiostro marchia con i numeri le migliaia di persone che verranno deportate nei campi di Birkenau e Auschwitz. La sua posizione "privilegiata" gli consente di chiedere favori al generale incaricato di sorvegliarlo, di trasportare cibo all'interno del campo per poi condividerlo con gli altri prigionieri e di prendersi qualche ora di riposo, in cui la mente viaggia a quel giorno in cui finalmente assaporerà nuovamente la libertà, perché se Lale è convinto di una cosa è proprio questa.
Gita ha diciotto anni quando viene deportata nel campo della morte di Auschwitz, la sua femminilità è azzerata, così come la speranza di un futuro in libertà.
Appena Lale incontra gli occhi di Gita il cuore perde un battito. Non c'è modo di tornare indietro, si è innamorato e farà di tutto per conoscere il nome di quel numero che a fatica a tatuato su quel braccio esile.
 
"Io mi chiamo Ludiwig Eisenberg, ma la gente mi chiama Lale. Vengo da Krompachy, in slovacchia. Ho una madre, un padre, un fratello e una sorella." fa una pausa "Adesso tocca a te".
Gita sostiene lo sguardo di lui con aria di sfida "Io sono la prigioniera 34902 di Birkenau, in Polonia".
 
Il destino dei due ragazzi è quello di amarsi, sopra ogni altra cosa al mondo, resistendo alla guerra, resistendo alla fame, al freddo e alla morte.
Un destino fatto di sofferenza, di sopravvivenza e d'amore. Quello infatti che colpisce, attraverso le parole dell'autrice è l'amore che i due provano l'uno nei confronti dell'altra. Un amore che perdura tutta la vita, anche dopo la morte.
Di Gita si sa ben poco, se non quei pochi dettagli che Lale si lascia sfuggire con la sua confidente. E' lui il vero protagonista, anche se la sua attenzione, anche in vecchiaia sarà sempre concentrata sulla donna che ha amato più di tutte.
La memoria di un uomo che ha trovato il coraggio di sopravvivere alla brutalità di quegli anni, per poter vivere un giorno il suo amore.
Bellissimo e commovente. Una visione sui campi di concentramento come non si era mai vista prima, dove nonostante l'orrore della morte, per chi riusciva a vedere la luce di un nuovo giorno, la vita proseguiva.
 
"Lale ha vissuto la sua vita seguendo il motto: Se ti svegli la mattina è una bella giornata. La mattina del suo funerale mi sono svegliata sapendo che per me non era una bella giornata, ma che per lui lo sarebbe stata. Adesso era con lei."
 
Quattro farfalle per Il tatuatore di Auschwitz
 
Alla prossima lettura
 
 
 
 
 
 
 

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